Testimony #1
Lesperienza con il NWPLab
La bellezza del visibile e la sua completezza nellinvisibile,
lovvio che diviene nuovo,
questa è la mia preghiera,
il retro delle cose mi da il pieno del reale
Quando si ha chiara in mente la direzione, gli accadimenti
inevitabilmente vi si
inseriscono. La relazione tra forma ed essenza mi ha incuriosito, dopo tanta attenzione
riservata allintimo e allo spirito degli esseri umani,
mi voglio occupare della corporeità, sapendo anche che certi contenuti dellessere hanno una corrispondenza fisica. La psiche,
lo spirito e il corpo, tre istanze separate e unite insieme in modo sicuramente interattivo. Immersa nella natura mi incuriosiscono
i corpi, anche degli altri esseri viventi; la biologia, da ragazza, mi aveva insegnato molto su come fossero fatte le piante
e gli animali, ma crescendo anche la poesia e la pittura mi hanno dotato di occhiali diversi.
Quando il corpo e lo
spirito si trovano insieme a lavorare creativamente, ed entrambi questi aspetti ricevono gli stessi stimoli di crescita, il
risultato è: esserci in modo diverso, nuovo.
La scoperta riguarda
la Possibilità: il corpo-possibilità e lo spirito-possibilità insieme ( secondo me è il contatto con la natura che
inevitabilmente li risveglia insieme!).
Allinizio di una nuova
esperienza è come trovarsi davanti ad un campo, i maestri-contadini scelgono le sementi, le piantano e dopo con la cura e
il lavoro aspettano che queste inizino a maturare, la loro evoluzione è imprevedibile e dopo un po si fa da sola; Quando le
sementi sono: il contatto con la natura, il training corporeo, la creatività e larte, lattenzione verso ciò che ci accade
nel presente, accettazione della propria morte, riconoscimento dei movimenti dellego e auto-trascendenza, il campo dellesperienza
diviene ricco di novità e anche lovvio diviene nuovo, Tutto diviene maestro.
Ho fatto diverse esperienze
le suddividerò per capitoli, sulla base del diario personale che ho scritto.
Petit rivier
Laltrove del piccolo fiume è diventato langolo
delle osservazioni, il momento in cui la mente rallenta il suo continuo brusio, e per me è stato il luogo in cui mi sono avvicinata
alle forme-corpo con la mia forma-corpo, la pittura in passato mi aveva insegnato ad osservare linee, angoli e ombre, e questo
sapere lì a t rivier l ho agito con il corpo, usando il movimento. Durante questo
disegnare con il corpo, sono entrata in contatto con un flusso nuovo di sensazioni che poi è fluito nella mia action-danza.
La morte e la sua accettazione
La morte l ho vista
nella natura tra le felci verdi, e quelle aggrovigliate, già morte, creavano insieme un quadretto esteticamente piacevole,
la morte forse ha una sua estetica nella natura, ha sicuramente una funzione, e questo forse la rende bella e accettabile!
Altre grosse risposte
e domande intorno alla morte non emergevano consciamente, ho spostato paure altrove ritrovando il mio essere ardito e coraggioso,
con una mente che osava trasformare in semplici mucche anche dei possenti e pericolosi tori.
Eppure linconscio non
cancella niente! Infatti durante la notte i sogni diventavano incubi (che durante i momenti di lavoro creativo io usavo come
materiale!)
Il mio corpo
Grande maestro il corpo,
tutte le sue parti sanno collaborare. Ho scoperto che la mia cara colonna vertebrale può permettersi, se collegata al resto,
di non sostenere tutto da sola, le gambe e lequilibrio possono collaborare, questo lo sapevo, ma ora l ho vissuto.
(Apprendere dallesperienza:
allargando il campo i problemi assumono diversa relazione nei meccanismi degli eventi della vita).
La grande esperienza relativa al corpo per quanto mi
riguarda è che il mio essere-corpo non sfrutta al pieno le sue potenzialità, e il conseguente benessere, lagilità per me era
un ricordo da bambina, ma in quei 10 giorni l ho fatta riemergere, spesso per necessità. Il miracolo accadrà se non lascerò
cadere nel vuoto questa consapevolezza.
(Apprendere dall esperienza:
esiste nellessere umano un flusso inerente allo spirito, uno inerente alla psiche e per la prima volta ho sperimentato con
consapevolezza quello inerente al corpo).
Laction
Non ci sono discorsi,
ma ingredienti:
-girasole, felce viva
e morta, piume
-legame tra forma ed
essenza, voglia di conoscere o incontrare corpi-altri
-disegno con
il corpo le linee di corpi altri (t rivier e il corpo-matita)
-mia preghiera personale
per riscoprire con nuovi occhi lovvio:
Sos corposo annunziadoso
emanana esplendore, so corposo chi tue no idese, tue lo idese sempre, narame oe sa novidade!!
(traduzione non letterale
dal sardo: i corpi che ti aspetti, che conosci, emanano sicuramente il loro splendore, i corpi che non vedi in realtà sono
quelli che vedi sempre, TU dimmi oggi la novità)
-ritmo del mio camminare
con spirito di scoperta
-indicazioni di Jim
-Noemi e la sua action
-restituzione della danza al bosco e luogo.
Los
compagneros e i maestri
Il contatto con gli altri compagni di viaggio è stato molto forte, abbiamo vissuto
insieme giornate bellissime, ricche, e lunità si avvertiva molto durante il rendering, tutti hanno donato parti di sé allinsieme-gruppo,
e linsieme era percepibile, aveva un suo flusso.
Per i maestri sono senza parole, ho appreso molto!
Il teatro prende molti spunti dalla quotidianità, dalla realtà, ma durante il
training dellattore, si possono apprendere spunti utili per la vita!
Quando la gratitudine e laffetto è grande non ci sono parole,
solo disegni che si completeranno con i colori degli eventi.
Testimony #2
My experience with the New World Performance Laboratory
I first met the New World
Performance Laboratory in Faenza, Italy in 2000. Some friends of mine worked
for some time with James Slowiak and Jairo Cuesta, and, as I liked very much the way of thinking about theatre that these
friends had, I thought that it would have been interesting to meet the NWPL in a workshop.
The first thing that I
remember about that first meeting is my feeling that theatre was truly only a part of the work, or, as I like to put it, something
more similar to a mean, instead of an end. I had rarely met before that experience
a kind of work that changes so deeply your way to see, listen, meet, be attentive, be connected with the space and the environment.
This work on the way to feel and react to the world is developed with the most close experience I have
ever had to the Grotowskian description of the negative way. All the work
was based on the need to eliminate the habits, both physical and mental, that are built in daily, social life that make our
relations with people and things stereotypical and automatic. These virtual boundaries
are then revealed and touched by means of physical training, voice work, songs, dances.
All these aspects are faced both singularly and in group, but always with a special attention to precision. The need to be precise in every aspect of the work is one of the most powerful instruments that helps to
stay focused and awake.
I was so touched by that first workshop that I decided to follow the NWPLs work every time that I could. After three years I feel that all the experiences with them enrich profoundly both my artistical work and
my personal life.
Testimony #3
Este ha sido el segundo
taller en el que he participado con vosotros. El primero fue hace un año en Cenci. Voy a hacer referencias tanto a uno como
al otro, porque creo que existen diferencias entre ambos talleres, tanto en vosotros, como en el trabajo propuesto, y en mi
actitud y expectativas ante ellos.
Quizás lo primero que tendría que explicar
son las razones por las que una persona que no se dedica al mundo del teatro se interesa por este tipo de trabajo. Las primeras
personas que me hablaron de vuestros talleres fueron compañeros de las clases de etnomusicología aplicada del sur de Italia,
que realicé con Giovanna Marini en Paris, y durante los siguientes viajes que hicimos para escuchar y recoger los cantos de
tradición oral. Recuerdo que la primera vez que escuché esos cantos, en la Universidad de Paris VIII, era una muestra del
trabajo de los alumnos. Nunca había escuchado cantos polifónincos tradicionales, y para mi fueron una revelación. En mi vida
había escuchado una música tan intensa. Había algo en esos cantos que conectaba con una parte de mí profunda y escondida.
Nunca había cantado antes y no sabía música, pero me inscribí en ese taller al año siguiente (durante seis meses fui incapaz
de cantar ni una nota).
Por un lado, lo que encontré en el taller
de Giovanna Marini, y en los rituales en los que tuve oportunidad de participar en el sur de Italia, es fundamentalmente lo
que busco en vuestro taller. La posibilidad de compartir a través de formas de expresión artísticas como el canto (con raíz),
la danza y el movimiento en general, momentos fuera del tiempo cotidiano. El teatro me parece que tiene mucho que ver con
el ritual. La sala o los espacios que utilizamos se convierten en lugares especiales, en los que se produce un encuentro con
los demás (una comunidad) y con uno mismo que me interesa, que necesito. También es importante la oportunidad que se me ofrece
de estar presente, al menos de intentarlo.
Me interesa este tipo de trabajo como una
manera de conocerse a sí mismo a través del cuerpo, el silencio, el contacto con el grupo... Me parece fundamental conocer
el cuerpo, aprender a leer las señales que nos envía, para que pueda tener más presencia en la vida cotidiana. Estoy buscando
recuperar la movilidad de mi cuerpo, que mi cuerpo recupere una organicidad que sé que tenía y he perdido por diversas razones.
Por último trabajar en la naturaleza, tanto
en Francia como en Italia, es fundamental para mí, es un regalo. Los dos sitios son diferentes, y creo que provocan reacciones
diferentes también. Para mi Cenci fue un lugar mágico, tiene una naturaleza que está llena de recuerdos, de historias. Las
teouleres me ha parecido más real...(De Cenci recuerdo las luciérnagas en el bosque, de Francia, ¡los toros!) Los dos lugares
me encantan.
Creo que he apreciado mucho más vuestro trabajo
en Francia que en Cenci. Varios factores han influido: que era un taller más largo, que era la segunda vez que trabajaba con
vosotros y, que el grupo era muy bueno, en Italia, el año pasado el grupo estaba más desintegrado.
También ha influido vuestra actitud, que me
parecía más serena. En Cenci os tenía un poco de miedo porque me habían dicho que erais muy duros, y no sabía si iba a poder
seguir el trabajo. Recuerdo que todos corríamos cuando sonaba el gong, como si estuviéramos en el ejército. Debo reconocer
que ese miedo me ayudó, hizo que estuviera en un estado de alerta continuo y que me esforzara mucho.
Este año, interiormente, ha sido un taller
más reflexivo. Sentía una relación especial con vosotros, como si me estuvierais llevando por un camino, sobre todo en petite
riviere y con la acción, y yo confiaba plenamente. También he podido integrar mejor todas las partes del trabajo, percibía
una lógica. Todo lo que hacíamos se complementaba, y pude, más claramente, ponerlo en práctica en el rendering que era la
síntesis del trabajo. En Cenci a lo mejor por falta de tiempo, o por mi estado no logré captarlo.
Respecto al aprendizaje, he tenido dificultades
en el training por falta de forma física, de elasticidad y equilibrio (notaba mi cuerpo perezoso) y en los ejercicios de coordinación,
el emexlin, la danza de los espirales y four corners al principio. Creo que mis problemas son la concentración y la precisión.
Estar concentrada cuando se están dando pautas precisas, me cuesta mucho. No
sé si tiene algo que ver, pero mi incapacidad para aprender las estructuras rápidamente estaba relacionada..., o al menos
tuve sensaciones parecidas a cuando aprendía matemáticas, geometría y dibujo técnico, en el colegio. En four corners las explicaciones
me superaban y entonces abandonaba en el presente del ejercicio confiando en que más tarde, de una manera más reflexiva con
papel y boli, lo iba a entender o que alguien me lo iba a explicar. Hasta que Débora, estoicamente, no nos enseño la mecánica
del ejercicio, con un trozo de madera y algunas piedras no logré entenderlo.
Con el emexlin, noto que hay algo como una
relación entre la mente y el cuerpo..., no sabría explicarlo, es como si faltara de vez en cuando una conexión entre ambos.
Necesito primero comprenderlos (razonarlos) lentamente, para que mi cuerpo pueda trabajar más rápidamente después. Esa falta
de conexión o de coordinación es uno de mis puntos débiles. No estoy segura, pero me da la sensación de que practicando estos
ejercicios se pueden desarrollar otras capacidades como dije antes las matemáticas, el lenguaje, la música (estoy aprendiendo
a tocar el acordeón y cuando volví del workshop notaba que no había perdido agilidad, sino que había ganado a pesar del tiempo
que no practicaba). No sé cómo funciona el cerebro, me pregunto si existe una relación entre las estructuras mentales y esos
ejercicios.
Respecto a la danza de los espirales, me costó
un poco aprender la dinámica, (otra vez lo que yo llamo falta de conexión) y luego me costaba mantener la atención, creo que
por eso me equivocaba. Me doy cuenta que mi concentración aumenta cuando se requiere imaginación, creatividad o improvisación
en relación al grupo, es decir, cuando cualquier cosa puede suceder, a pesar de que haya una estructura marcada, como en el
rendering. Cuando hay una estructura que se repite, que requiere precisión como la danza de los espirales, o motions, aunque
también se realice en grupo, llegan un montón de pensamientos a mi cabeza. También está relacionado con la acción, en four
corners, watching, o cuando nos pasamos el bastón, no hay tiempo para pensar, por lo que mi atención y mi presencia aumentan.
Como dije antes este año fui capaz de integrar
mejor todos los elementos que trabajáis. En triviere, por ejemplo, surgieron elementos que utilicé para mi acción y movimientos
que más tarde volvieron a aparecer durante el rendering. Este año tenía un tirón en la zona lumbar que me molestaba bastante,
por esta razón el canal que utilizaba casi siempre al principio era la prospección. Tras la prospección de manera natural
surgía el movimiento. Uno de los primeros días comencé a moverme tras la prospección y me daba cuenta de que realmente me
estaba forzando. Entonces me relajé y dejé que fuera el propio cuerpo el que me guiara. Surgió un movimiento muy fluido, que
se hizo más profundo cada vez. Las imágenes que me llegaban era de un feto moviéndose. También durante el entrenamiento cuando
hacíamos el mouthing, me venían imágenes de mi cráneo abriendo y cerrando la boca. Me pregunto de dónde vienen esas imágenes.
Si no hubiera visto nunca imágenes de ecografías o láminas del esqueleto humano, antes, ¿habrían aparecido?.
Ese movimiento surgía desde muy dentro, era
muy orgánico y me provocaba mucha emoción. Era un movimiento tan natural, como si yo misma fuera un bebé moviéndome en el
líquido. También tenía la sensación de retroceder en el tiempo. Los movimientos me fueron llevando hacia el suelo, pero paré
justo cuando llegué allí. No sé si me asustaron las arañas del suelo, no quería tumbarme sobre la hierba o me daba miedo ir
más allá. Pero luego estaba feliz, llena de energía.
Esa misma calidad de movimiento fue la que
experimenté cuando Salvo cantó la canción del ángel durante el primer rendering. Fue lo que comenté durante la reunión del
final. Era como una acción de lamento, fue una de las pocas veces durante el rendering en las que sentí que surgía algo que
yo no estaba controlando con mi cabeza, el movimiento era el que me guiaba y era una reacción a lo que estaba sucediendo.
Sentía un impulso que nacía de dentro, y el movimiento era la extensión de ese impulso. Durante el segundo rendering no se
volvió a repetir.
Esa sensación de que la estructura o el grupo
está por encima de lo que eres individualmente también la he experimentado en four corners, en menor medida, y sobre todo
en el watching del año pasado, durante el rendering. Hicimos el watching con Jairo, en el rendering de Cenci. He notado mucha
diferencia cuando hacemos el watching durante el día y cuando está incluido en el rendering, cambia completamente.
El descubrimiento de este año fue el trabajo
de la acción, como ya hablé de ello el último día no voy a extenderme mucho, pero lo cuento un poco para recordarlo. En Cenci
no había comprendido lo que era una acción, porque al realizarla en grupo y sobre todo con poco tiempo, me pareció que el
tratamiento era más superficial. Este año la pregunta que me hacía era ¿Cómo había llegado hasta esa acción partiendo de algo
que era movimiento? Era un misterio. Tú, Jim, me respondiste que había algo de misterio, pero también era un mestiere que
es oficio en español. He comprendido que todas las artes son así, trabajo y misterio. Tengo la sensación de que todo se puede
aprender, que hace falta mucha voluntad y trabajo.
El ejercicio de las vías del canto fue
impresionante. Sobre todo el último día. Con There is a man, para mí fue como tener
delante de los ojos el proceso de transformación de la música popular inglesa a la música negra norteamericana. Creo que desde
que Salvo se puso a cantar al principio, ya se intuía esa transformación, muy ligeramente.
Con el grupo español, fue muy especial cuando
Andreu, fue por una de las vías del canto. Cuando comenzamos ese día sabía que le tenía que tener muy presente, que respecto
al canto, creo que tenía muchas reservas. Durante el primer ejercicio me di cuenta de que eliges contactar con las personas
con las que te resulta más evidente o más fácil el contacto, y que a las demás las relegas, perdiendo la oportunidad de contactar
con lo más sutil o más difícil, pero puede que también lo más rico. Fui consciente de que siempre dejaba de lado a Andreu
y a Pera, por diversos motivos. Por eso ese día estaba muy atenta a no caer en lo mismo.
Recuerdo que estábamos hablando en un lenguaje
imaginario los dos, y que decidí dejarle solo y volver a la melodía, entonces él inició el viaje en solitario. Creo que le
abandoné cuando me dio la impresión de que nuestro lenguaje se estaba repitiendo, cuando comenzó a transformarse en algo mecánico.
Me pregunto si le dejé porque realmente estaba prestándole un servicio o le abandoné por miedo a explorar más allá como en
triviere, no lo sé. Me he dado cuenta en este taller, que a veces he confundido el silencio, o el quedarme en un segundo plano,
con la humildad o una cura del ego. Pero el silencio, o quedarse en un segundo plano, también puede ser miedo a exponerse
o a dejarse ver, miedo o vergüenza a mostrarse tal como eres. Me gustó mucho lo que dijo Steven el último día, que la humildad
era aceptarse a uno mismo.
Respecto al grupo hispano, el último día influidos
por el trabajo de los ingleses estábamos más predispuestos. Creo que abrimos caminos por los que la canción podía haber ido,
pero quizás como grupo no estábamos lo suficientemente atentos o unidos para centrarnos en un camino determinado, entonces
la energía fluía hacia otro foco nuevo, y volvía a cambiar. Por eso dije que había funcionado, de alguna manera, al menos
así lo sentí yo, por esa fluidez, o esa percepción de que era evidente que una puerta se abría, y esa consciencia de que no
íbamos a entrar por allí, que como grupo nos dirigíamos a otra parte.
Mi impresión es que este ejercicio me ayudó
a cantar mejor los cantos shakers, con más vitalidad y que las relaciones, cantando, fueran más estrechas en el grupo durante
el rendering. Respecto a los cantos shakers me encantó comprobar que aunque pase un año, los cantos se recuerdan y que este
tipo de aprendizaje oral, se capta mejor cada vez. En general me he dado cuenta de que todo lo que aprendes en vuestros talleres
se queda y que cuando retomas el trabajo de un año para otro has avanzado un poco más.
En todas las fases del trabajo he aprendido
mucho, este año. Ha sido un taller muy rico para mí. Me he dado cuenta, sobre todo en trivier, de que olvidamos porque no
podríamos vivir con tantos recuerdos presentes, pero que todo está acumulado. El cuerpo se acuerda de todo, de lo bueno y
de lo malo.
Hay algo en el teatro que comienza a interesarme,
es una vía. Vuestro trabajo ha sido muy útil para mí, por ejemplo, cuando doy clases: hablar delante de un público, estar
presente para captar la atención y lograr una mejor comunicación. Me preparo las clases como si fuera a salir a escena.
Intentar conocerse sin máscaras, aprender
a no actuar son cosas fundamentales para mí. Hay algo en el teatro que cura y sin embargo vuestro trabajo no es explícitamente
terapéutico, por eso me gusta, es una consecuencia derivada, no el objetivo principal.
Os he sentido muy cercanos a los dos y eso
me ha ayudado mucho. Tengo muchas ganas de volver a trabajar con vosotros. Muchas gracias y hasta pronto.
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